Sarzana, che Botta!

« Nessun dolore resiste quando uno, destandosi tre mattine di seguito, ha nella faccia lo splendore vivificante del sole che sorge »

Le Corbusier


Cemento a Tavolara: flop. Distruggere il territorio non paga più

articolo di Simona Giorgi

Mentre da parte del Comitato Sarzana, che botta! continua l’instancabile lavoro di costruzione dal basso di quel tessuto partecipativo e relazionale che rende una comunità viva e consapevole, ecco che alcune esternazioni, di chi si trova a svolgere un ruolo attivo nella definizione di strategie e azioni per il “rilancio” del nostro territorio, sollecitano inevitabilmente un’attenta riflessione nonché qualche legittimo interrogativo.

Tavolara Vendesi. Il cartellone sull' Aurelia è stato distrutto dalle intemperie e non sostituito

Mi riferisco alle parole riportate nell’articolo di A.M. Zebra (“Un’area artigianale fantasma”, pubblicato il 4 Aprile in cronaca locale sul quotidiano La Nazione) e pronunciate da Massimo Magnavacca, presidente della CNA, sull’area di Tavolara: «In questo momento la categoria in maggiore difficoltà è quella edile. Un settore che sarebbe in grado di dare respiro anche ad altre categorie: falegnami, idraulici, carpentieri, elettricisti e altre ancora. Unico settore che tiene, pur risentendo della crisi, è il comparto turistico-ricettivo e questo perché le nostre zone, vuoi per le risorse ambientali e storiche di cui dispongono, continuano a richiamare un discreto flusso di turisti. Ma anche chi potrebbe investire non lo fa per l’incertezza del momento».
Proviamo ad esaminare il contenuto della suddetta dichiarazione. Magnavacca individua nelle risorse storiche e ambientali gli elementi che soli continuano ad essere punto di forza dell’economia locale. In che modo dunque si giustifica il progetto di forte cementificazione, che priverà ulteriormente il nostro territorio proprio di tali risorse? I ventiduemila metri quadrati in zona agricola, che dovrebbero essere occupati da circa sei/settemila metri di capannoni coperti e restanti sedicimila di piazzali, parcheggi, strade, non rispondono forse ad un modello di crescita quantitativa nel quale il Sig. Magnavacca stesso ravvisa incertezza e impraticabilità?  (“I lavori avrebbero dovuto essere ultimati entro il 2009, ma così non è stato” articolo citato).

Cosa spinge ad utilizzare il territorio come mero supporto di attività e processi economici, localizzati e organizzati secondo principi sempre più indipendenti da autentiche relazioni con il luogo?
Quale promozione di sviluppo locale si prospetta dalla preponderante presenza dell’unico attore, Unieco, che, con le sue molteplici forme, sempre concorre a determinare le illogiche scelte dei nostri amministratori, per poi magari ritirarsi in corso d’opera?
Cercando di attribuire concretezza all’indispensabile e ineludibile concetto di sostenibilità, non si può non tener conto che, se di sviluppo si vuole parlare, non solo dovrà essere riferito alla “riproducibilità delle risorse naturali (sostenibilità ambientale), ma a sistemi complessi e interagenti di valutazioni che riguardano l’organizzazione non gerarchica dei sistemi territoriali e urbani (sostenibilità territoriale), la coerenza dei sistemi produttivi con la valorizzazione del patrimonio territoriale e con lo sviluppo dell’imprenditorialità locale (sostenibilità economica) e la crescita di autogoverno delle società locali (sostenibilità sociale e politica)”[ A. Giangrande – L’approccio territorialista allo sviluppo sostenibile, Università degli studi di Roma, Facoltà di Architettura].
In altre parole non vorremmo che Unieco & Company, con la loro esclusiva ricerca del profitto, si rivelassero come quel personaggio di Jorge Luis Borges che si propose il compito di disegnare il mondo : “ trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d’isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l’immagine del suo volto”. [L’Artefice – l’epilogo].

 

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Data
sabato, 14 aprile 2012

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1 commenti per “Cemento a Tavolara: flop. Distruggere il territorio non paga più”


  1. simona giorgi says:

    Mi sembra importante rilevare che sabato 21 aprile, alla Fortezza Firmafede, si svolgerà un workshop sul progetto “Grande Luna” – volto a migliorare la valorizzazione dell’area archeologica promuovendo una politica culturale condivisa da tutti gli Enti che operano sul territorio e che si proponga di mettere a sistema tutti gli interventi in progetto e in corso di attuazione connessi all’area archeologica, al fine di mettere in atto una efficace comunicazione dei valori storici e culturali della città antica di Luni. Saranno presentati i lavori già avviati dal MìBAC (Direzione Regionale e Soprintendenza per i Beni Archeologici) con i Fondi ARCUS per l’attuazione del progetto “Grande Luna: linee guida per l’istituzione del parco archeologico della città antica e del suo territorio” e gli altri interventi in corso di attuazione da parte della Provincia della Spezia con fondi POR-FESR “Reliquie di un magnifico Teatro. Progetto per il restauro e la valorizzazione di un edificio da spettacolo” e della SALT “Rilancio Turistico dell’area attraverso un più agevole collegamento autostradale”- http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Eventi/visualizza_asset.html_451224528.html
    Essendo l’area archeologica di Luni alquanto vicina alla zona di Tavolara si auspica che le parti in causa dialoghino tra loro circa i rispettivi progetti per valutarne la compatibilità. Certo è che il “più agevole collegamento autostradale” fa pensare anche ad un intenso traffico pesante…..



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