Sarzana, che Botta!

« Se le amministrazioni non rappresentano più gli elettori, cambiamoli questi benedetti elettori »

Corrado Guzzanti


Svizzera, la Würth assegna progetti con concorsi “pubblici”

Per instaurare oggi un rapporto responsabile con il proprio ambiente (specialmente se questo, come la Val di Magra, conosce ormai da tempo immemorabile la presenza del lavoro umano) è necessario fare riferimento al modo attuale di fare impresa nell’economia della conoscenza e di internet. Territorio, sapere, rete e impresa appaiono oggi fortemente connessi fra loro. “Economia verde” significa far coincidere in una visione unitaria la conoscenza dell’ambiente e la sua tutela con l’impresa e la produzione della ricchezza. È questo l’unico modo per passare dalla difesa passiva del contesto ambientale alla valorizzazione delle sue risorse nei settori più disparati, dalla fruizione del paesaggio naturale a quella delle testimonianze storiche e artistiche, dalla valorizzazione delle colture biologiche fino a quella dei saperi radicati nel territorio e nella sua storia; tutto questo in un ambiente naturale che, dobbiamo esserne consapevoli, anche se abbandonato completamente a se stesso, non può più tornare “come era”. L’ “economia verde” è contemporaneamente una risposta alla crisi attuale e un modo nuovo e “consapevole” di rapportarsi alle risorse disponibili; un modo fortemente legato alla diffusione delle informazioni e della conoscenza che la rete rende possibili.
Il comitato dovrà dare il proprio contributo a questo salto necessario dalla tutela al progetto responsabile del proprio territorio e proporre al più presto alla città di Sarzana un’ampia discussione su questo tema.
Queste riflessioni mi sono suggerite anche da un recente, singolare, concorso di architettura a cui sono andato ad assistere, perché i lavori sono stati esposti, sono diventati una mostra, un momento di cultura urbanistica per la città.
Il luogo. Rorschach (qui il sito), una cittadina di 8700 abitanti situata sulla sponda svizzera del Lago di Costanza, a pochi chilometri da San Gallo e abitata in prevalenza da pensionati e vacanzieri convinti di trovarsi nel posto più bello del mondo. Non sono gli unici, ma il paesaggio è in effetti curatissimo. Zone verdi e zone edificate si distinguono nettamente e in genere il costruito è di qualità. Fatemelo dire: da noi invece abbiamo ovunque la polverizzazione degli insediamenti, lo sprawl di cui parla Silvano D’Alto; e poi agli architetti viene richiesto di nascondere gli edifici, di fare in modo che non si vedano neppure in centro città… .
Il committente. Il gruppo Würth (qui il sito), un importante produttore di tecnologie per la costruzione e l’assemblaggio (compresi i pannelli solari, ecc.), con centinaia di società sparse nel mondo, globalmente 65.000 dipendenti e un fatturato complessivo di 8.8 miliardi di euro.
Il progetto. Nel febbraio di quest’anno Würth concorda l’acquisto di un’area di 21.500 m2 sul lungolago di Rorschach, di proprietà delle ferrovie svizzere e della città. Lo scopo è quello di realizzarvi un centro direzionale comprensivo di uffici, centro per la formazione e la ricerca, zona congressi, fitness, ristoranti ecc.; con la prospettiva di creare dai 250 a 500 nuovi posti di lavoro. La cittadina di Rorschach è giudicata interessante anche perché nei pressi vi sono un piccolo aeroporto, la ferrovia, l’autostrada, l’Università di San Gallo e soprattutto la nuova scuola tecnica. Un referendum popolare conferma l’affare: l’88% dei cittadini vota a favore.
Il concorso. Würth non perde tempo e organizza a proprie spese un concorso a invito, anche se in qualità di committente privato non sarebbe tenuto a farlo: un modo per proporre alla città diverse alternative e per non essere immediatamente invasivi. Vi partecipano studi importanti quali David Cipperfield (Londra), Daniel Libeskind (New York), Gigon-Guyer (Zurigo). Alla fine i piani e i modelli vengono esposti al pubblico. L’esposizione di un concorso di architettura di questo livello può diventare una meta turistica. I disegni sono comprensibili e belli. Un fascicolo di 90 pagg., distribuito gratis, fornisce tutte le informazioni.
Vince il progetto “Lichtspiel”, gioco di luce, di Gigon-Guyer. Con l’aiuto delle immagini lo confrontiamo con quello di Libeskind, “Ankergrund”, terreno di ancoraggio (i titoli non sono casuali). Il progetto vincente è tutto giocato sulle trasparenze. Le immagini proposte tendono a limitare l’impatto visivo del costruito (completamente avvolto da vetro trasparente od opaco) e a confonderlo con lo sfondo del cielo e con le diverse tonalità di azzurro dell’acqua del lago. L’edificio si maschera e si compone di una sequenza di volumi casuali, rinuncia ad essere un evento. Un progetto cauto, pensiamo, forse un po’ troppo in continuità con l’orizzontalità del contesto. Moderno, senza retorica, ma anche adatto a non urtare la sensibilità degli elettori locali, poco propensi ai voli pindarici.
L’edificio di Libeskind, viceversa, è concepito come un evento e non fa compromessi. Ogni spazio, ogni percorso, dentro e fuori, sorprendono. Libeskind elabora con grande energia compositiva l’estetica per le nuove generazioni; e le sue opere sono effettivamente visitate come oggetti in sé, indipendentemente dal loro utilizzo. Esse spesso rappresentano, nei confronti del contesto, un punto di svolta, l’inizio di una nuova storia. Con i progetti di Libeskind c’è un “prima” e un “dopo” la loro realizzazione.

Siamo in Svizzera, alcuni osserveranno, e piove sempre sul bagnato. In questa vicenda però vediamo come anche una piccola città vacanziera abbia saputo guardarsi avanti alla ricerca di una prospettiva e abbia creato le premesse per incontrare un privato, Würth, portatore di un progetto lungimirante: un importante centro direzionale con annesse strutture per la ricerca e la formazione in un settore di avanguardia. Un avvenimento che rimarrà nella storia di questa piccola città e che produrrà nel tempo i suoi effetti positivi.
Sorge spontaneo un confronto con Sarzana. Quale prospettiva di crescita (o di crescita “consapevole”), quale disegno industriale sostengono il “Progetto Botta”? Nessuno. Il “Progetto Botta” non esprime nessun futuro per la città che lo ospita, nessuna moderna cultura dell’impresa, nulla per le nuove generazioni.

Fabrizio Dei

San Gallo, 30.08.2009

Facebook

Informazioni sull'articolo

Data
sabato, 5 settembre 2009

Lascia un commento