Sarzana, che Botta!

« Abitare viene prima di costruire »

Mario Botta, citando Heidegger


Botta: a Verona scopre la memoria dei luoghi e riduce le volumetrie

Spazi urbani: Mario Botta, la memoria dei luoghi
e gli ex Magazzini Generali di Verona.

di Roberta Mosti

mercati genGli ex Magazzini Generali di Verona, sono un notevole esempio di architettura industriale, legata allo sviluppo economico dagli anni ’30 del secolo scorso.

Come accade ovunque nel nostro paese, molti dei primi siti di sviluppo industriale si trovano in posizioni prossime ai centri storici e il degrado del progressivo abbandono e dell’incuria li hanno resi appetibili a progetti di ricucitura con il tessuto urbano periferico.

Questo complesso, di cui la Fondazione Cariverona è  proprietaria, rispecchia questa teoria.  L’area ha un’estensione di 100mila metri quadrati con 300mila metri cubi di fabbricati, la sua posizione è analoga a quella di via Muccini, prima periferia degradata lungo una delle principali vie d’accesso alla citta, inserita in un tessuto urbano frammentato di edifici residenziali, capannoni vuoti e aree libere.  L’edificio dei magazzini, prima dell’abbandono definitivo,  aveva ospitato spazi teatrali e associazioni e il piano di recupero vedrà la nascita di un centro policulturale dedicato a queste attività, ma senza sconvolgere l’aspetto del luogo, se non inserendo un ampio spazio verde. Quest’anno si apriranno i cantieri nella zona e anche i veronesi potranno vantarsi della scelta di un architetto di fama mondiale, Mario Botta, quale autore del progetto di restauro e riuso  del complesso industriale.

Le analogie con Sarzana si fermano qua, ma ciò che meraviglia sono le affermazioni dell’architetto Botta in merito alle scelte di recupero:    “Trasformare il vecchio sedime dell’intero complesso industriale degli ex Magazzini Generali in uno spazio per la città, limitando al minimo le demolizioni all’interno del lotto e rinunciando anche a costruire ex novo edifici lungo viale del Lavoro, già previsti dal nuovo Prusst”.

Evidentemente, quando i veronesi chiamano un grande architetto,  non è  per usarlo come una foglia di fico per operazioni speculative, ma per assicurarsi un esperto a cui affidarsi, accettando le soluzioni che propone  anche se riduce il costruito, anche se rinuncia alle volumetrie previste dai piani particolareggiati, a scapito di profitti speculativi ma a vantaggio di un maggior rispetto dello spazio, della città e della storia.

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Data
venerdì, 29 gennaio 2010

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